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Babel – R. F. Kuang

Di Lettrice Per Passione
10 min

«Non sono un traditore» implorò lui. «Sto solo cercando di sopravvivere.»
«Sopravvivere non è poi così difficile, Birdie.» Ramy aveva uno sguardo spietato. «Ma è importante farlo con dignità.»

Ramy e Robin

Babel non è un libro per tutti.
Io lo aspettavo con grande trepidazione e ho avuto modo di leggerlo in questa bellissima edizione di Dreamerwhale Boxes che ha sfornato una vera bellezza.

Ho conosciuto i libri di Rebecca F. Kuang con la trilogia della Guerra dei Papaveri, una delle migliori in assoluto che abbia letto l’anno scorso e che è finita nella mia lista dei libri top del 2022.
Questo libro, invece, Babel, finirà senza ombra di dubbio nella lista dei libri Top del 2023.
Avevo grandissime aspettative per questo romanzo e nessuna è stata delusa.

Ho letto opinioni contrastanti in merito: alcuni lettori hanno abbandonato la lettura dopo poche pagine, alcuni dopo un centinaio. Alcuni, invece, hanno definito questo libro spettacolare.
E lo è, assolutamente.
La Kuang ha trovato il modo di portare all’attenzione del lettore tematiche forti come il colonialismo, la conquista, il razzismo persino, inserendoli in un fantasy che di per sè, a parte un pizzico di magia, non ha molto del genere a cui si riferisce.

Il romanzo si apre con una digressione di qualche capitolo della storia di Robin Swift, uno dei quattro protagonisti di questo libro, che viene trovato dal Professor Richard Lovell, sopravvissuto ad un’epidemia di colera nella città di Canton, in Cina. Il professor Lovell prende con sé il ragazzo e lo porta in Inghilterra, per poterlo istruire, attraverso insegnanti privati, in lingue decisamente difficili, come il latino, il mandarino, il cinese (che è poi la sua lingua di appartenenza). Il giovane Robin Swift è costretto a scegliere un nuovo nome, a rinnegare le sue origini, per seguire il Professor Lovell, che gli promette, dopo tantissimo impegno, l’ingresso al Royal Institute of Translation, un prestigioso istituto di traduzione, che si trova ad Oxford, proprio nell’area del famoso college.
Insieme a lui, altri tre studenti vengono ammessi alla più prestigiosa scuola del mondo, Babel: un ragazzo, Ramiz Rafi Mirza – Ramy – e due ragazze, Victoire Desgraves e Letitia Price – Letty.
Babel è una torre vera e propria, suddivisa in otto piani, ciascuno dei quali ha una destinazione ben specifica: il più alto è adibito alla lavorazione dell’argento, che grazie al potere della parola, impressa con un punteruolo proprio sulla lastra, dà la possibilità di fare grandi cose, come ad esempio rendere una nave più veloce, oppure una carrozza più resistente.
Tutto sta nel gioco della parola, nell’abbinamento di determinati termini che rendono la magia possibile.

Non tutti possono essere ammessi in questa facoltà. C’è, però, qualcosa di strano: come mai tutti gli studenti hanno una specializzazione in una lingua straniera? Robin nel mandarino, Ramy nel sanscrito, Victoire nel creolo, e via dicendo. Qualcosa non torna, soprattutto quando nella vita di Robin fa la sua comparsa Griffin, un giovane enigmatico, anche lui cinese in parte, che ha un certo potenziale, soprattutto nella lavorazione dell’argento e nel suo utilizzo. Griffin nasconde tante, forse troppe, cose a Robin, che le scopre pian piano, facendo crollare il suo castello perfetto. Come dice bene il romanzo più volte: ogni atto di traduzione è un atto di tradimento.

Si apre, così, una nuova strada: Robin non è più tanto sicuro che quello che sta facendo sia giusto. Mettere a disposizione il proprio talento nella traduzione al servizio della corona inglese, per espandere le proprie mire e per conquistare il mondo, o meglio, parti del mondo in cui l’argento, necessario per restare l’impero più potente al mondo, viene prodotto.

Non mi voglio dilungare sulla trama, perchè è densa di vicende, piena di colpi di scena. In questo libro vengono affrontate tematiche decisamente pesanti, ma viene fatto tutto nella maniera più lineare e scorrevole che possiate immaginare. E’ un libro dalla scrittura difficile? Sì. E’ un libro che analizza ogni singola parola tradotta che deve essere inserita sulle tavolette d’argento, perdendosi in dieci, forse venti righe per l’analisi della stessa? Sì.

Eppure io mi sono innamorata di questo libro. Di tutti gli aspetti che lo caratterizzano. Mi sono presa il mio tempo per leggerlo, perchè è decisamente complesso, soprattutto nel linguaggio e Giovanna Scocchera ha fatto un lavoro impeccabile nella traduzione. Monumentale. Spettacolare.

La Kuang, ancora una volta, ha superato se stessa, donando al mondo un libro in cui vengono rispecchiate le sue radici, un po’ come nella trilogia della Guerra dei Papaveri. Tra le righe di questo romanzo le parole hanno un potere smisurato e vi renderete conto di quanto siano davvero, davvero importanti.
Come in tutti i libri della Kuang, non affezionatevi troppo ai personaggi: è un consiglio spassionato che mi sento di darvi.

E’ difficile, come lettura, sì, ma ne vale assolutamente la pena.

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