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Lo Hobbit – J. R. R. Tolkien

Di Lettrice Per Passione
12 min

«Sei una bravissima persona e io ti sono molto affezionato; ma in fondo sei solo una piccola creatura in un mondo molto vasto.»

Gandalf

Prima lettura per il GdL che ho creato personalmente e che porta questo hashtag #gdltolkien50
A cinquant’anni dalla morte del Professore ho deciso, un po’ in ritardo, di creare questo gruppo di lettura per poter affrontare insieme le opere di Tolkien, dalle più note a quelle di cui magari si è solamente sentito parlare.

Il libro di questo mese è Lo Hobbit, scelto tramite sondaggio dagli appartenenti al gruppo. Per me si è trattato di fare una rilettura, perchè ho letto questo libro per la prima volta a dieci anni, e l’ultima volta è stata una decina di anni fa.

Che dire, questa è in tutto e per tutto una fiaba, che Tolkien ha scritto con tutta la sua passione per le lingue, creando un mondo che poi verrà sviluppato in quello che viene identificato come il suo capolavoro, Il Signore degli Anelli. Sono punti di vista, chiaramente: per me il capolavoro in assoluto è Il Silmarillion, ma mi rendo conto che l’opinione è personale.

Torniamo a Lo Hobbit, il libro con uno degli incipit più famosi della storia: «In un buco nella terra viveva uno Hobbit». Ci sono state svariate traduzioni di questo libro nel corso degli anni. Il titolo originale sarebbe «The Hobbit, or There and Back Again», tradotto in «Lo Hobbit o la riconquista del tesoro». Io l’ho letto anche in lingua originale e mi rendo conto che le traduzioni, spesso, non rendono la bellezza delle opere, ma altre volte sono davvero spettacolari.
Ho diverse edizioni anche in italiano di questa opera e dall’una all’altra cambia la traduzione: in quella che ho letto io per il gdl, per esempio – quella di Bompiani del 2000 in economica – la traduzione di Smaug è Smog. E di Pungolo è Pungiglione. In quella rilegata, illustrata da Alan Lee, sempre di Bompiani, la traduzione di Smaug è rimasta invariata. Sono piccolezze che ti fanno apprezzare o meno la lettura (personalmente Smog non riesco proprio a leggerlo!).

Dunque, la vicenda la conosciamo tutti: Bilbo Baggins, uno hobbit che vive nella Contea, vive tranquillo e spensierato nella sua bella casa. Gandalf il Grigio, lo Stregone che di tanto in tanto arriva fino a Casa Baggins, sembra volerlo invitare a far parte di una spedizione da cui potrà trarne vantaggio, ma Bilbo inizialmente non è molto convinto. Solamente quando tredici nani, capeggiati da Thorin Scudo di Quercia, si presentano a casa sua, invitati da un segno fatto da Gandalf in persona, viene ingaggiato con il ruolo di scassinatore attraverso un contratto che determina il guadagno della quattordicesima parte di un tesoro molto vasto. In possesso di una mappa e di una chiave che serve ad aprire una porta nascosta, i quattrordici membri della spedizione partono di gran carriera.

La piccola compagnia parte e si inoltra in boschi dove incontrano tre troll di montagna, si avventurano fino a Gran Burrone e grazie ad Elrond e alla sua conoscenza delle rune lunari, scoprono dove si trova l’ingresso che conduce all’interno della Montagna Solitaria, Erebor, dove dimora Smaug. Ingresso che si può vedere solamente nel Giorno di Durin. Durante la loro marcia vengono imprigionati dagli orchi nelle miniere delle Montagne Nebbiose e riescono a sfuggire solo per puro miracolo. Qui Bilbo incontra Gollum, a cui prende l’Anello, dopo un botta-risposta a suon di indovinelli, dove lo hobbit gioca in astuzia nei confronti di Gollum ed entra così in possesso dell’Anello. Dopo le Montagne Nebbiose incontrano Beorn, un mutatore di pelle, che li ospita e dà delle indicazioni per poter attraversare il Bosco Atro. Ovviamente queste non vengono seguite e ancora una volta Bilbo, con l’aiuto dell’Anello, riesce a salvare i suoi compagni Nani dalle grinfie dei ragni. Purtroppo Thorin viene imprigionato dal Re degli Elfi – che nel libro non viene mai chiamato Thranduil. Solamente in seguito, nel Signore degli Anelli, si scoprirà che il Re del Bosco Atro è proprio lui – ma anche qui Bilbo vince in astuzia tutti e così la compagnia fugge dal reame boscoso e giunge a Pontelagolungo! Anche qui i Nani e lo Hobbit riescono a trovare aiuto, e ripartono così verso la Montagna Solitaria, presso cui giungono nel Giorno di Durin: Bilbo si intrufola nella Montagna e ha un lungo ed enigmatico dialogo di Smaug, che porta all’abbandono della montagna da parte del drago, in direzione di Pontelagolungo, che viene distrutta, ma Smaug viene ucciso. Thorin così torna ad essere Re sotto la Montagna, ma non finisce qui, perchè la follia dei suoi avi si impadronisce di lui e porta alla Battaglia dei Cinque Eserciti.

Il libro è decisamente differente dalla trilogia di film che è stata prodotta da Peter Jackson: tanto per cominciare non c’è Azog nel libro, ma suo figlio Bolg, che giunge proprio nella Battaglia dei Cinque Eserciti, e soprattutto non c’è Legolas, nè Tauriel (che è stata totalmente inventata, scelta che io non ho approvato e non comprendo proprio come sia stato possibile che Jackson l’abbia approvata).

Il libro, ad ogni modo, è uno dei capolavori di Tolkien: è un libro che può essere letto anche dai più giovani lettori, a partire da dieci anni di età, perchè fondamentalmente non è che una favola, un’avventura molto breve, se paragonata agli altri due libri principi dell’opera del Professore. È un libro propedeutico alla lettura del Signore degli Anelli e del Silmarillion, di gran lunga più complessi.

È uno dei miei libri preferiti e non smetterò mai di consigliarne la lettura: l’ho regalato a tutti i miei nipoti che hanno l’età per leggerlo e continuerò a farlo con quelli che ancora l’età la devono raggiungere, o l’hanno raggiunta da poco.

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